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ANGHIARI
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Si raggiunge quindi ANGHIARI borgo che, arroccato su uno sperone di roccia, domina dalla sua posizione la Valtiberina È proprio per la strategica ubicazione che in questa località sorse, nel VII secolo, un castello longobardo. Nel 1104 il luogo venne donato ai Camaldolesi i quali lo accettarono accogliendo l’obbligo di edificarvi un’abbazia (il monastero di San Bartolomeo) intorno a cui si sviluppò poi la cittadina. Il borgo che fu distrutto dagli aretini nel 1175, venne subito ricostruito e dotato di una nuova cerchia muraria, risalente al 1181-1204, che si è in parte conservata. Dopo più di due secoli di dominio da parte dei Camaldolesi, nel 1322 Anghiari venne assoggettata dal vescovo Guido Tarlati di Pietramala, entrando definitivamente nell’orbita di Arezzo, e della città seguì il destino quando, nel 1384, fu venduta alla Repubblica fiorentina. Tuttavia il dominio dei Tarlati resistette fino al 1440 quando Firenze (sconfiggendo i milanesi ed i loro sodali) si impose definitivamente, sull’intera zona, in seguito alla famosa battaglia di Anghiari.
Dalla piazza ora intitolata al capitano di ventura Baldaccio di Anghiari, vissuto nella prima metà del Quattrocento, piazza che era l’antico mercatale trecentesco sorto a margine della cinta muraria del castello, si raggiunge la prepositura di SANTA MARIA DELLE GRAZIE. Sebbene edificata nel XVIII secolo, in essa si conservano opere di pregio provenienti da edifici di culto (chiese e compagnie) soppressi in età granducale, vi si ammirano infatti, una Deposizione dalla Croce del fiorentino Domenico Puligo, datata al 1515 ed un’Ultima Cena eseguita nel 1531 da Giovanni Antonio Sogliani, autore anche di una Lavanda dei Piedi; della bottega dei Della Robbia, segnatamente di Andrea, è il grande tabernacolo, in terracotta invetriata policroma collocato dietro all’altar maggiore, che rappresenta la Madonna della Misericordia.
Sulla vicina piazza del Popolo si affaccia il trecentesco PALAZZO PRETORIO (ora del Comune) che, nel tempo, ha subito notevoli rifacimenti ma che conserva, sul lato a sud, la mole del CASSERO. Dal vicolo della Piazzola, posto davanti al Palazzo, si giunge alla BADIA DI SAN BARTOLOMEO APOSTOLO. La chiesa non è quella costruita dai Camaldolesi, unitamente al monastero, fra il 1104-1105, infatti quegli edifici, dai quali dipese lo sviluppo della cittadina, non solo non esistono più ma dovevano addirittura trovarsi nella parte più elevata del borgo. È a partire dal 1359 che una nuova badia (e un nuovo monastero) venne costruita, sul sito attuale, per cura di un esponente della famiglia Tarlati da Pietramala da cui ormai Anghiari era stata assoggettata. La chiesa trecentesca, che subì rimaneggiamenti nel corso del Quattrocento, conserva al proprio interno un dossale attribuito a Santi di Desiderio da Settignano, ma riadattato nella seconda metà del Cinquecento, e la Madonna col Bambino scultura lignea policroma attribuita a Tino da Camaino e datata verso il 1317.
Dalla Badia si raggiunge, percorrendo un tracciato assai suggestivo, PALAZZO TAGLIESCHI che porta il nome dell’antica casata, nella cui dimora (fatta edificare fra il 1462 ed il 1490 dal condottiero Matteo Cane) dal 1975 è stato istituito il MUSEO STATALE volto ad ospitare oggetti d’arte, databili dall’età romanica al XVIII secolo e provenienti da fondazioni di questa parte della Valtiberina. Di notevole interesse: affreschi staccati quattrocenteschi, alcune terrecotte invetriate policrome della bottega dei della Robbia e di Benedetto di Santi Buglioni, oltre ad una Madonna del Rosario di Jacopo Vignali e a una Crocifissione di Matteo Rosselli, fra i più importanti artisti del Seicento fiorentino, e, soprattutto, una straordinaria Madonna lignea realizzata da Jacopo della Quercia verso il 1420. Nel medesimo quartiere, chiamato Borghetto, sorto durante il XV secolo, si trova anche la CHIESA DI SANT’AGOSTINO che, edificata forse verso la fine del XII secolo, venne trasformata più volte fino al Quattrocento. Sulla facciata in arenaria, risalente al periodo romanico, si apre un portale rinascimentale. L’interno, quattrocentesco, è stato alterato da interventi del XVIII secolo come si nota dalla decorazione in stucco: assai rimarchevole quella della navata la cui esecuzione è attribuita agli stuccatori milanesi Francesco e Domenico Rusca, che operarono anche ad Arezzo tra il 1760 ed il 1770. Dell’arredo originario si conservano alcuni stemmi di famiglie anghiaresi e un’Adorazione dei Pastori, in terracotta policroma, riferita a Santi Buglioni.
Poco fuori Anghiari andando verso nord (in direzione di Caprese Michelangelo) si può visitare il Santuario della Madonna del Carmine al Combarbio che venne edificato, in seguito ad un evento miracoloso, fra il 1536 al 1552; all’interno si conserva una tavola, del primo quarto del XVI secolo, raffigurante una Madonna col Bambino e San Giovannino copia coeva di un originale che aveva dato origine al prodigio di cui parlano ampiamente le fonti manoscritte anghiaresi.
Sempre da Anghiari, ma percorrendo la via della Libbia che, attraverso il passo di Scheggia, conduce ad Arezzo, si incontra la Pieve di Santa Maria a Sovara che, risalente ai secoli VIII-IX, è menzionata a partire dal 1030 dopodiché, entrata nell’orbita camaldolese (come del resto il territorio di Anghiari) fu ristrutturata; l’aspetto attuale, sia all’esterno che all’interno, è quello che venne dato all’edificio fra il 1468 ed il 1480. Proseguendo sulla medesima strada si incontra il Castello di Montauto che, edificato fra Duecento e Trecento, divenne dimora signorile a partire dal XVI secolo. Benché il complesso sia stato molto restaurato, vi si può ancora ammirare un’interessante torre cilindrica con bifore. Nel 1224 fu ospite, dei conti Barbolani di Montauto, San Francesco d’Assisi che fece dono al conte Alberto del saio che aveva indosso quando ricevette le stimmate, saio che ora è conservato nella Basilica della Verna.
Da Anghiari, percorrendo una lunga strada rettilinea, si raggiunge a Sansepolcro. Questa arteria venne aperta, tra il 1323 ed il 1327, dal vescovo Guido Tarlati di Pietramala affinché i due più importanti centri valtiberini, che erano sotto il suo dominio, fossero più facilmente collegati. In questa pianura il 29 giugno del 1440 fu combattuta la famosa battaglia di Anghiari che segnò l’assoggettamento di questa parte della Toscana alla Repubblica fiorentina; è questo l’episodio storico che Leonardo da Vinci venne chiamato ad affrescare, a partire dal 1503, su una delle pareti del salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze.

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